CONTARE DA - CONTARE "COSE"
Ermellinissimi ed ermellinissime,
dopo aver visto il “CONTARE PER CONTARE”, vediamo ora gli
altri due modi di contare:
·
CONTARE DA
·
CONTARE “COSE”
CONTARE DA
Per contare da un numero si deve iniziare dal numero
successivo.
Il numero SUCCESSIVO,
in matematichese, si scrive con “n + 1”,
come ricorderete dal post precedente.
A proposito di PRECEDENTE:
il precedente di un numero, in matematichese, si scrive “n – 1”.
Facciamo un esempio:
se devo CONTARE DA 12, dovrò dire 13,14,15, …
NON DEVO DIRE 12, in quanto si tratta del numero “di
partenza”.
Il caso “particolare” CONTARE DA ZERO, non è propriamente
corretto. Coincide, comunque, con CONTARE PER CONTARE.
CONTARE “COSE”
Contare “cose” è un procedimento che NON è solo dell’uomo.
Per CONTARE “COSE” devo, per esempio, indicare, DOPO OGNI
NUMERO, cosa sto contando.
Osserviamo l’immagine seguente:
Possiamo contare le stelline: 1 stellina, 2 stelline, 3
stelline, e così via!
Quando ho contato TUTTE le stelline presenti nell’immagine,
quel numero mi serve per QUANTIFICARE le stelline.
Anche alcuni animali sanno, in maniera innata, contare “cose”.
Ecco un articolo scientifico che riguarda proprio questo
aspetto. L’articolo è tratto dalla interessante newsletter “Scienza in rete”,
con solo lievi modifiche, scritte in inclinato, al fine di rendere
maggiormente leggibile il testo per chi è Mustela erminea:
RICONOSCERE I NUMERI: UN’ABILITA’
INNATA di Anna Romano
ANIMALI – RICERCA SCIENTIFICA
Uno studio pubblicato su PNAS, guidato da
Giorgio Vallortigara, neuroscienziato dell’Università di Trento, dimostra la
presenza dei neuroni del numero, deputati a riconoscere specifiche
quantità, già nei pulcini di pochi giorni di vita: la loro presenza in animali
così giovani, che, in precedenza, era stata osservata solo nei primati e nei
corvi adulti, suggerisce che la capacità di riconoscere i numeri non sia frutto
di apprendimento ed esperienza, bensì rappresenti un’abilità innata.
All’inizio del ‘900, Hans, “il cavallo intelligente”, stupiva il pubblico
per la sua abilità con i calcoli aritmetici. Abilità che si rivelò, in seguito,
non collegata a particolari doti matematiche, bensì alla grande sensibilità di
Hans nell’interpretare e rispondere a involontari segnali umani che gli
indicavano se stava dando la risposta corretta. Se la storia di Hans non ha
potuto dimostrare nulla sul rapporto degli animali con i numeri, numerose
ricerche successive hanno invece potuto fornirci molte informazioni. Per
esempio, gli studi suggeriscono che diversi animali, tra cui ratti, cani
e lupi, pesci e rane sono in grado di discriminare tra quantità maggiori e minori, e che
alcune specie, compresi alcuni invertebrati, riconoscono il concetto di zero. Vari
lavori hanno dimostrato che phyla (gruppi) evolutivamente
distanti tra loro, come mammiferi, rettili, uccelli, pesci e alcuni
invertebrati, possono usare un sistema, detto dei “numeri approssimati”, per
valutare le diverse quantità. Il meccanismo su cui si basa questo sistema è
però stato indagato solo in pochissime specie, e con esperimenti che hanno
coinvolto soltanto pochi individui: nei primati e nei corvi, nonché negli
umani, sono stati infatti individuati dei neuroni “del numero”, che si attivano
in risposta alla numerosità degli oggetti presentati. Nei primati, i neuroni
del numero si trovano nella corteccia parietale e prefrontale, mentre negli
uccelli sono presenti del nidopallio caudolaterale, l’area cerebrale degli
uccelli ritenuta analoga alla corteccia prefrontale dei mammiferi e coinvolta
in compiti complessi come l’apprendimento, la memoria e la pianificazione.
Ora, uno studio pubblicato su PNAS e coordinato da Giorgio Vallortigara,
neuroscienziato dell’Università di Trento, dimostra, per la prima volta, la
loro presenza anche nei polli, e in particolare nei pulcini, suggerendo dunque
che la loro presenza (e quindi la capacità di riconoscere i numeri) sia innata.
Perché i pulcini
Qualche anno fa, nel 2018, è stato pubblicato il primo studio che dimostrava la presenza di neuroni del numero negli uccelli e, più
precisamente, nei corvi, basandosi sulla registrazione dell’attività dei
singoli neuroni attraverso microelettrodi inseriti nell’encefalo. L’indagine
era stata condotta però su due soli individui che, oltretutto, erano adulti.
Rimaneva quindi la domanda: i neuroni del numero sono presenti fin dalla
nascita, e quindi indicativi di un’abilità innata degli animali, oppure si
sviluppano con l’esperienza e l’apprendimento? L’unico modo per rispondere a
questa domanda è lavorare con animali non solo naive (inesperti) (cioè
che non sono mai stati addestrati né coinvolti in esperimenti che permettessero
loro di confrontarsi con numeri e quantità) rispetto ai compiti numerici, ma
anche molto giovani.
È quello che ha fatto il gruppo di ricerca guidato da Vallortigara: «Il
nostro lavoro si concentra da tempo sui pulcini perché ciò che vogliamo capire
è cosa c’è nella mente “in partenza”, e quindi se le categorie e le strutture
che poi rendono possibili esperienza e apprendimento siano già presenti nel
cervello di animali molto giovani.», spiega il professore. «Come in tutti gli
altri casi nei quali ci si rivolge a una specie piuttosto che a un’altra,
quindi, la scelta dei pulcini, come modello, non è certo arbitraria o legata a
ragioni economiche: questi animali ci permettono di lavorare sì su individui
giovani, ma che sono già in grado di rispondere agli stimoli, in particolare
quelli visivi. Al contrario, specie come topi e ratti, oltre ad affidarsi molto
più all’olfatto che alla vista, per indagare il mondo esterno, alla nascita
sono ciechi, per cui non avremmo potuto studiare la loro risposta agli stimoli
visivi di numerosità.».
Ai pulcini sono stati installati microelettrodi per la registrazione del
segnale dei singoli neuroni; in seguito i ricercatori hanno presentato loro una
serie di numeri, naturalmente non come simboli (per esempio “3”), ma come
stimoli fisici (per esempio tre palline). «Un aspetto importante in
questo tipo di studi è separare l’aspetto della numerosità in quanto tale da
tutte quelle variabili continue che variano con la numerosità.», spiega
Vallortigara. Per esempio, se lo stimolo è rappresentato, come in questo caso,
da un certo numero di palline, nel disegno di ricerca bisogna prestare
attenzione che con la loro numerosità non varino altri elementi, come l’area e
il perimetro dell’immagine: se il primo stimolo è rappresentato da quattro
elementi e il successivo da otto, sempre della stessa dimensione, il pulcino
potrebbe reagire non al numero in sé ma solo al maggior spazio preso dagli elementi
figurati. «Per questa ragione, la procedura standard seguita è quella di usare
diverse posizioni, densità e dimensioni nelle palline mostrate all’animale.»,
spiega infatti Vallortigara.
I neuroni che contano
I risultati registrati dai microelettrodi confermano la presenza di neuroni
del numero anche nei pulcini. Come funzionano?
Il sistema dei numeri approssimati, studiato negli animali, è basato su una
legge nota come legge di Weber: in pratica, la percezione dei
numeri cardinali assomiglia alla percezione di stimoli fisici continui, e la
differenza appena percettibile è proporzionale alla quantità stimata. Questo
significa, in altre parole, che la percezione si fa tanto più precisa quanto
due quantità sono distanti tra loro, ed è quindi più facile distinguere il 2
dal 10 che il 10 dall’11. A parità di distanza, inoltre, la discriminazione
dipende dalla grandezza dei numeri: discriminare 2 da 4 è più facile che
discriminare 102 da 104 o 1000 da 1002.
A livello cellulare, un singolo neurone è in grado di codificare la
numerosità (e quindi di riconoscere un singolo numero), ma lo fa in maniera
approssimata: è come se riconoscesse non i numeri discreti (1, 2, 3 eccetera)
bensì i numeri reali, per cui tra l’uno e l’altro vi è un’infinità di altri
numeri (1,1; 1,2 eccetera). Studiando la risposta dei neuroni del numero,
questo appare evidente perché il singolo neurone ha un picco di frequenza di
scarica (la frequenza dei potenziali d’azione, o spikes del neurone) quando
riconosce il “suo” numero, ma risponde, in maniera graduata, anche a numerosità
diverse. Così, se per esempio un neurone è selettivamente sensibile per il
numero 5, darà una risposta massima al 5, una un po’ meno forte al 4 e una
ancora più debole sul 3 – e viceversa, all’aumentare delle quantità, una
risposta meno forte al 6, una ancor più debole al 7 e così via. Inoltre, è
stato osservato che, proprio come negli umani, la discriminazione diventa via
via più imprecisa all’aumentare delle quantità proposte.
Un’abilità innata
«Aver trovato questi neuroni già presenti e attivi in individui molto
giovani suggerisce che la “dotazione” neurologica per la risposta alla
numerosità faccia parte della nostra costituzione biologica. Tutto ciò che
serve è sia un sistema visivo che consenta di differenziare gli stimoli
(quindi riconoscere delle figure rispetto a uno sfondo) sia neuroni che
diano informazioni sulla quantità», commenta Vallortigara. Non è possibile,
avvertono gli autori dello studio, estendere in modo automatico questa
considerazione alle altre specie: il pulcino, infatti, è un piccolo precoce,
cioè che nasce già con una certa autonomia e capacità di affrontare il mondo
esterno. La prole di molte altre specie è invece inetta alla nascita, meno
sviluppata. Tuttavia, il cervello dei pulcini rimane piuttosto immaturo fino a
due settimane dopo la schiusa dell’uovo (i test sono stati condotti su pulcini
tra gli 8 e i 12 giorni di età); inoltre, studi precedenti avevano già dimostrato una buona capacità dei pulcini di discriminare
le quantità e anche di eseguire le operazioni aritmetiche, come sottrazione,
addizione e divisione. Queste considerazioni, unite al fatto che la
capacità di riconoscere numeri astratti è stata osservata anche nei neonati
umani, supporta l’ipotesi che la loro presenza sia innata.
Inoltre, se i corvi sono noti per le loro abilità cognitive, la scoperta
dei neuroni del numero anche nel nidopallio caudale dei pulcini suggerisce che
questo meccanismo neuronale non sia un adattamento esclusivo delle specie più
complesse, ma che condivida una comune origine evolutiva.
Vantaggi evolutivi
Ma come si può spiegare, in termini di vantaggio evolutivo, la capacità
degli animali di riconoscere i numeri? Non sarebbe sufficiente discriminare tra
quantità maggiori o minori, per esempio in termini di volume o area del cibo o
di possibili conspecifici da affrontare per potersi riprodurre? «Gli animali
sanno, naturalmente, fare anche questo, e le aree cerebrali coinvolte sono
sovrapposte. In fondo, si tratta sempre di numeri, anche se, in questi casi, si
tratta di quantità continue anziché discrete.», spiega Vallortigara. «La
ragione per cui, probabilmente, è utile agli animali anche poter fare una
valutazione più astratta è legata al fatto che, in molte circostanze, diventa
importante rispondere alla numerosità in quanto tale, invece che solo alla
quantità continua presente. Nel caso ci si debba confrontare con dei
conspecifici, per esempio, potrebbe non essere importante solo la quantità,
intesa come massa o volume (per esempio “uno più grosso e due più piccoli”, ma
il fatto che siano davvero tre o sei. E questo richiede di saper astrarre dalle
variabili continue: la numerosità in quanto tale.». «Adesso stiamo cercando di
spostarci dalla rappresentazione numerica alla comprensione di come i neuroni
possano eseguire somme, sottrazioni e altre operazioni, sia a livello di
singola cellula sia a livello di circuito neuronale.», conclude il ricercatore.
«Inoltre, vogliamo approfondire le basi genetiche della capacità di risposta ai
numeri, un campo di indagine che conduciamo utilizzando il pesce zebra come
modello, e che speriamo possa aiutarci a comprendere i disordini del
neurosviluppo che influenzano le capacità numeriche, come la discalculia
evolutiva umana, per la quale è
stata riconosciuta un’importante
componente genetica.».
(11/08/2022)
Al solito, ecco il fantomatico ermellinese enigma:
IN QUESTO POST BISOGNA CONTARE LE PAROLE CHE INIZIANO CON ZETA.
… Questa volta l’inghippo è piuttosto facile da individuare!
Prof.
Lino Hermel
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